domenica 1 luglio 2012

Fratelli d'Italia

Europei 2012. Finalmente conta solo essere italiani, ma soprattutto trovarne. Ogni occasione resterà unica nel suo piccolo. Grandi sono le emozioni, che non esisterebbero senza un fratello al tuo fianco, da stritolare nei minuti di recupero, da tenere abbracciato nella solitudine dei rigori, con cui cantare e urlare prima e dopo.
Carlo è ciociaro, di Fiuggi. La prima volta che lo vedo indossa semplicemente una polo a mezze maniche e degli occhiali da sole vistosi il giusto; tanti altri come lui, ma per un qualcosa che solo tra fratelli si può intuire, nessuno come lui. Anche a prima vista non può essere nient'altro che italiano. Carlo ha 28 anni, è medico, si è trasferito in Svezia per la specializzazione. Non è un cervello in fuga, tiene a precisarlo: “Per due anni, dopo la laurea, ho mancato il concorso; un paio di crocette al posto sbagliato ed eccomi qua; una testa di cazzo in fuga”. A Göteborg non gli manca niente, tranne la fidanzata; Manuela, fiuggina come lui, lavora a Zurigo. Carlo doveva esserci per Italia-Irlanda e poi per Italia-Inghilterra e invece di lui sembravano essersi perse le tracce. Era con Manuela a festeggiare una qualificazione a sorpresa; il numero uno dei commissari tecnici ha fatto le convocazioni: per Natale è in arrivo un pupo. Il tifoso in più.
Roberto compare sulla mia strada dopo aver sconfitto il Trap. Riconoscerci è ancora più ovvio; non sono in molti a camminare per Göteborg chi con la bandiera al collo, chi con una maglia dall'azzurro inconfondibile. Quella sera sono un po' più solo del solito; la compagnia di uno slovacco, un tedesco, e uno svedese, per quanto ormai molto addestrati all'italianità, non vale l'entusiasmo di uno solo dei tuoi fratelli. Con Roberto il tempo è giusto quello di un abbraccio a cavallo del ponte, un “Forza Italia”, e un arrivederci scontato quanto improbabile. Anche gli svedesi hanno qualcosa da festeggiare nel frattempo, ma non è certo grazie a Ibrahimovic e compagni: la preparazione ai quarti di finale passa attraverso Midsommar, il giorno che tutti attendono, quasi più che il Natale, per celebrare l'inizio di un'estate che non c'è. In un villaggio fuori città, qualche giorno e diversi chilometri dopo, c'è anche il banchetto delle marmellate in mezzo a tanti altri di genuinità persino superiore. E la gola rende ciechi qualche volta: “Sei italiano! Mi ricordo...”; incredibile, a parlare è di nuovo lui, Roberto, che oltretutto ancora non so essere Roberto. Tutto quello che ci unisce lo sfogheremo contro gli inglesi, tra un piatto di penne all'arrabbiata e un vassoio di cornetti alla crema preparati durante la partita dal proprietario del Bar Italia, che da sempre vive in Svezia ma che parla con un innato accento romagnolo, quello di San Mauro Pascoli. Anche Roberto ha un presente e già una buona parte di passato in Svezia: la madre è svedese, il padre campano. Calcisticamente non dovrebbe mai aver avuto imbarazzo su quale nazionale tifare, ma anche fisicamente non c'è dubbio sul suo vero passaporto: capelli, ciglia, occhi e carnagione scuri; i primi undici anni di vita trascorsi nel Belpaese e almeno un mese dell'estate regolarmente tra Capri e Ischia.
Michele di Bari non è un cantante, né un'alternativa più fantasiosa per chiamare quell'omonimo di mio cugino. A Stoccolma, dove mi trovo in occasione della semifinale, l'unico che dovrei incontrare è Flo, un vero tedesco, con cui si ambisce a ricostruire l'Asse di Ferro. Nel grande pub che per le dimensioni della sala e dello schermo sembra più un cinema, l'atmosfera è calda al punto giusto, e al momento dell'inno non c'è timidezza che faccia sentire soli per quanto non si levino altre voci pronte alla morte; ma qualcuno, fino allora nascosto c'è. È Michele appunto, da Canosa di Puglia; ingegnere elettronico, ex erasmus dalla Scuola Sant'Anna di Pisa, col vizietto della Svezia, dove è tornato per qualche mese con un lavoro provvisorio nella speranza di trovare quello definitivo; del paese natio gli manca la vita di piazza. Scampoli che tornano ogni volta che Supermario va implacabile in rete, e l'esultanza tocca livelli inauditi; Flo ci scambia per amici di lunga data, e davvero in ognuno di quegli abbracci c'è molto più di quanto non sia mai stato detto.
1970... 1982... 2006... 2012 e oltre!

Stoccolma, la mezzanotte sorride all'Italia

La notte non cala mai su Stoccolma. Dove non ci sono le folle c'è il cuore a esultare, e un tricolore incollato addosso, portato a letto come una coppa del mondo. Con la fierezza di chi almeno per un giorno può finalmente guardare in faccia chiunque avendo la meglio sulla solita indifferenza nordica, non resta che lasciare un segno là dove ogni anno il premio Nobel è di casa, con un alzabandiera tanto luminoso da costringere la stessa vigilanza ad ammettere che quel tricolore è tanto bello, molto meglio del gialloblu svedese. E poi via sul treno. Su Goteborg come sempre già piove a dirotto. Eppure il cielo è sempre più blu!
Il premio Nobel è cosa nostra

venerdì 22 giugno 2012

Solo fortuna?

In tempi di scommesse forsennate esiste comunque un modo fruttuoso e onesto per giocare. E si vince sicuro.
Il dipartimento di economia dell'Università di Göteborg promuove degli esperimenti in laboratorio cui è possibile partecipare in cambio di denaro, pulito e contante. Essere pagati per giocare, niente di più, niente di meno. Con un certo senso di incredulità ci si ritrova al quarto piano della facoltà, davanti al responsabile che, fatto l'appello, distribuisce i posti: una decina di banchi con computer, ognuno circondato per tre quarti da paraventi di legno; praticamente, una cabina elettorale versione cabrio. Che cosa sia richiesto di fare resta un totale mistero fino alla consegna di qualche foglio: una lotteria, ecco quanto. In base al numero estratto da un dado virtuale si perdono o guadagnano punti; è questione di probabilità e fortuna azzeccare la puntata giusta; alcuni numeri sono comuni a tutti i concorrenti, altri sono personali; secondo il primo schema di gioco, solo in un'eventualità su sei è prevista la vincita, ma molto alta; in un altro caso, la posta in gioco è media, e si ha la metà delle probabilità di vincere come di perdere; infine, è possibile puntare sul poco ma buono, laddove in cinque casi su sei il punteggio sarà positivo.
Converrà scommettere più sulle estrazioni con i numeri in comune o seguire comportamenti più egoistici? Tenere conto delle manches sfortunate e rilanciare, o attendere che eventualità positive e negative si riequilibrino? Azzardare ogni tanto il colpo grosso o mantenere livelli costanti di introiti e sopportare il rischio di qualche sciagurata uscita? Mantenere la stessa strategia con pazienza o vivere di genio e sregolatezza? L'adattamento ai meccanismi del gioco richiede un certo tempo al giocatore ancora inesperto, e comunque l'impressione non è di averlo dominato. Tanta analisi dei flussi di gioco porta per la prima volta 134 corone guadagnate.
I partecipanti sono in tutto una decina. Alberto è uno di questi. Originario di Vicenza, vive a tempo pieno a Göteborg; qui è iscritto alla facoltà di ingegneria, corso di programmazione. La decisione di abbandonare l'Italia non è recente: è all'epoca il primo della sua scuola a finire gli esami di maturità; il giorno immediatamente successivo lo aspetta un aereo per il Canada, dove rimarrà impiegato per due anni come traduttore di videogiochi dall'inglese all'italiano. Quando ormai una buona abnegazione sul lavoro lo avvicina alla promozione negli Stati Uniti, viene invece tagliato fuori dalla dirigente del gruppo, per averle una volta sollevato un'obiezione, a dispetto dei giudizi positivi degli altri colleghi. Trasferitosi in Irlanda, lavora un anno al supporto tecnico presso una compagnia di computer. In seguito, ecco l'arrivo in Svezia alla ricerca di un titolo universitario in inglese. Vera passione, con la speranza di farne qualcosa in più, la fotografia; destinazione da tempo sognata, la Nuova Zelanda. Alberto non si interessa di calcio e non seguirà la Nazionale. Non è al suo primo esperimento; gioca prendendo decisioni risolute e rapide, e punta al massimo. Per la seconda volta, sono 340 le corone guadagnate.

lunedì 18 giugno 2012

L'isola che non c'è

Göteborg è anche mare, e soprattutto isole, quelle degli arcipelaghi. Per non smarrirsi troppo, meglio partire da quello più vicino, e dall'isola più piccola, la pittoresca Köpstadsö, dove le strade sono a tal punto stretti vicoli che persino per i motorini l'accesso è vietato... ma non per le carriole; a quanto pare, a ogni abitante sembra spettarne almeno una (certi nomi compaiono però anche più d'una volta... ah, i capitalisti del villaggio).

Non c'è una strada principale, tantomeno esistono indirizzi e numeri civici, solo un tracciato talvolta appena accennato che magari si va a perdere sul prato dell'ultima casa; a ogni casa il suo ampio giardino a prato inglese, a ogni giardino i suoi fiori (colorati di tanto in tanto come la bandiera svedese) con concessioni all'artigianato domestico (vasi, buchette per la posta, e... bandiere svedesi), e poi a scelta un affaccio sul mare o per altro verso addirittura su un campo da tennis più performante di Wimbledon o perché no su quello da calcetto (la pista di sci probabilmente è chiusa per manutenzione). In tutto non più di cento persone; non più di quindici quelle incrociate lungo la via nelle due ore abbondanti di perlustrazione, bebé e cane da passeggio inclusi.
Non polizia, ma non per questo assenza di pericolo: cosa può succedere infatti a voler raggiungere un modestissimo punto panoramico, se in cima si scoprono giacervi tre uova piuttosto grosse, tra il verde e il giallo a macchie irregolari marroni? Che nel giro di non più di tre secondi inizierà a volteggiare in aria un gabbiano mai grande quanto in quel momento, che il secondo successivo avrà già richiamato a sé ampi rinforzi, pronti a planare all'attacco secondo traiettorie incrociate in un bombardamento di avvertimenti acustici. Che negli ulteriori cinque secondi la fuga sarà già compiuta.
Non una piazza, neanche un angolo per la più imprevista delle pipì, nessun negozio, né un classico luogo pubblico perché tutto è già per tutti; una bacheca di avvisi e proposte, questa sì, senza dubbio l'antesignana di facebook. E un paio di misteri: palloncini bianchi a segnare un ignoto percorso fin verso a un approdo sul mare, e un'unica (arrugginita) indicazione "stradale": telefono-telegrafo. In mancanza di un ufficio informazioni o dell'equivalente capannello di vecchi spettegolatori, la risposta (anzi, due) si trova ai margini di un su e giù qualsiasi: a preparare un giardino stanno madre e figlia, nipoti... di colei che fino agli anni Settanta, proprio nella casa attigua, deteneva l'unico telefono dell'isola, cui chiunque si poteva rivolgere semplicemente bussando a uno sportello di legno; qualche attimo d'attesa per essere messi in comunicazione, in diretta da quella che oggi non è altro più che una sala da pranzo verandata. Forse solo qualche giorno fa si sarebbe faticato a trovare la linea libera: a Köpstadsö, un matrimonio non è fatto quotidiano; ma il ricordo resta almeno il tempo che dei palloncini si sgonfino.


giovedì 7 giugno 2012

Marstrand & Kungälv: profumo di mare, sapore di biscotto

Marstrand è una località di mare a nord di Gbg, ad appena un'ora di bus, una delle più affollate quando il sole prova in qualche modo a scaldare il Mare del Nord. Più esattamente, la sua parte principale si trova su una piccola isola, per metà disabitata, raggiungibile in due minuti via battello; case dai soliti colori nitidi, senza sfumature, su un mare piatto ma insidioso, se chi ci cammina vicino è devoto al dio degli imbranati: non servono onde a cavalloni per renderlo pericoloso; è sufficiente avvicinarsi all'acqua col desiderio di toccarla per sentirla bagnata, mettere un piede sull'ultima roccia, quella di solito un po' più umida e muschiata delle altre, e non basteranno i migliori scarponi da montagna a mantenere l'aderenza; lentamente si scivolerà, come in una sabbia mobile, sempre più in basso, senza alcun ruvido appiglio attorno finché, raggiunto il livello dell'ombelico e passata una trentina di secondi, non resterà che aggrapparsi allo spirito di sopravvivenza, e una volta fuori, coi pesci nelle scarpe, realizzare come siano andati persi macchina fotografica e cellulare.
Non però le ragioni per continuare l'esplorazione: data la grande tenuta dei pantaloni impermeabili, ci si porta senza esitazioni fino ai piedi della fortezza per un'approssimativa (e umida) ispezione, prima di dirigersi a quella ben più affascinante di Kungälv, inespugnata nei secoli, in posizione strategica, al centro delle solite dispute tra svedesi e norvegesi, e oggi fatta di massicce rovine circondate da verdi prati.
Ma accanto al simbolo storico del villaggio, da anni ce n'è ormai un altro che invita all'invasione: l'outlet del biscotto! Goteborg è infatti anche il nome di una diffusa marca, ottima per le colazioni, la cui fabbrica si trova all'estremità opposta del paese; a essere messi in vendita sono i biscotti fallati, grandi, piccoli, ripieni, secchi o friabili. Fuori forma forse sì, fuori dieta assolutamente no.

lunedì 4 giugno 2012

Una biblioteca di poche parole

Una grande platea di posti a sedere, solitamente coperta da un tappeto di bionde indistinguibili l'una dall'altra, e come palcoscenico la strada col suo via vai; tutt'attorno due balconate scoperte, e una terza coperta, ancora più in alto. Funziona così a prima vista la moderna biblioteca della School of Business, Echonomics and Law, un posto dove se l'intensità dello studio corrispondesse al livello di silenzio si potrebbero scrivere trattati. Una rigorosa separazione governa il girone basso rispetto a quelli superiori: solo in questi ultimi è consentito l'accesso con il computer; il cicalio delle dita sulla tastiera è un rumore già abbastanza forte da andare isolato (di teatrale c'è anche l'acustica). La concorrenza per guadagnare un posto di solito non manca, come pure il metodo disciplinato per assentarsi senza perderlo: un disco orario in forma di cartoncino (naturalmente bilingue) è la risposta all'italico stile preventivo di prenotare posti a tempo indeterminato parcheggiando libri e quant'altro adatto a marcare il territorio; qui, è la pausa a valere come eccezione: passata al massimo un'ora il diritto al posto diventa realtà; che poi la cortesia faccia spesso chiudere un occhio è un altro discorso (molto silenzioso, ovviamente); che il sonno ogni tanto ne faccia chiudere pure due, anche. E' pur sempre un diritto; è il diritto.

venerdì 1 giugno 2012

Mettete i turisti nei vostri cannoni

Che alla Svezia, in tempi relativamente recenti, non sia piaciuta (o convenuta) troppo la guerra lo dimostra la sua neutralità in entrambe le guerre mondiali; ciò non significa che non vi fosse preparata, o che non avesse possibili nemici da cui proteggersi. Fu per cautelarsi contro i norvegesi, con cui fino al 1905 era sopravvissuta un'unione fra i regni, che il re Oscar Fredrik II fece costruire un'enorme fortezza allo sbocco del Göta älv, a difesa del porto di Göteborg, tuttora il più grande del paese, da cui passa più della metà dei traffici commerciali. Quel poderoso sistema di difesa resistette in qualche modo fino a metà anni '50; al suo smantellamento non ha però corrisposto la distruzione; semplicemente un abbandono che ne ha affievolito la memoria, tanto da far rientrare oggi la fortezza nella categoria "luoghi segreti".
In effetti, la si scopre solo seguendo il flusso di persone che vanno a visitarla nell'unico giorno dell'anno in cui apre le sue porte ultrablindate. Ci troviamo a Långedrag, uno dei quartieri più esclusivi e appartati di Gbg, dove le case guardano il mare e si fanno guardare volentieri. Varcata una recinzione spinata, e attraversato un primo tunnel si è nel lungo e alto vallo; occorre salirne un altro per trovarsi a fare la vedetta a un panorama insidiosissimo: di qua barche a vela a zonzo per un mare calmissimo,  isole all'orizzonte, e il porticciolo turistico, di là pale eoliche e il profilo del porto con le sue gru dai grandi bracci e sfilate di container. Le centinaia di visitatori hanno ormai preso il controllo della fortezza a colpi di macchine fotografiche, incuranti infilano nasi all'imboccatura di lunghi cannoni, e percorrono come fosse un formicaio gli umidi e bui sotterranei alla ricerca del tesoro che ovviamente non c'è.

giovedì 31 maggio 2012

Gita al lago

In Svezia la bella stagione dura effettivamente non più di due mesi; non appena si apre una finestra sull'estate, i suoi abitanti approfittano del primo vero sole con la voglia di chi, avendone provata per mesi la mancanza sulla propria pelle, può apprezzarne il valore fino in fondo.
Destinazione, Delsjön. La lunga traversata della città parte da casa, ma in direzione opposta rispetto al mare e all'arcipelago con le sue isole che si trovano ad appena un quarto d'ora di tram. Delsjön è infatti la riserva naturale al cui interno, circondati da fitti boschi, si stendono due laghi. A colpi di pedale, si supera il centro, si abbandonano le piste ciclabili e ci si inizia a inerpicare su per salite piuttosto decise, fino a imboccare un sentiero sterrato con attorno cavalli e prati; entrata fin nel bosco, la bicicletta sfida ora sassi e strettoie; le case sono appena pochi minuti più indietro ma pare di essere già in montagna; di fronte a qualche roccia non resta che caricarsi in spalla la bici e continuare; toccata la vetta, è solo silenzio e una vista dall'alto sul lago; ma nel giro di pochi metri un vociare insolito per il luogo prende il sopravvento. Il tempo di qualche discesa e sembra Rimini: ecco il lago aprirsi su un enorme pendio ripieno di centinaia di corpi distesi; il contrasto tra il verde del prato e il bianco delle carnagioni è impressionante per quanto insolito; altalene, barbecue, un campo da beach volley; attorno solo natura incontaminata, boschi. L'entusiasmo di bambini, ragazzi, e adulti che si lanciano nel lago dalla passerella di riva è tale da poter davvero credere nell'acqua... calda. Con il costume indosso e l'esperienza di chi in realtà, per disgrazia, già un mese prima era finito in mare cadendo da una bassa scogliera, è finalmente tempo di compiere un ulteriore passo verso la conquista della cittadinanza nordica.

Acqua calma e tiepida (15°)